Omelia di Pasqua

Giardino antico e nuovo

 

Giardino antico. Giardino nuovo, sempre nuovo.

Giardino antico.

Dove, prima di pianta e fiore e albero – e di quell’albero – ecco l’uomo da Dio posto.

Uomo di terra e di acqua, uomo di fango: l’adam, il terrestre. Uomo di polvere che in polvere torna.

Del giardino abbia cura, ne sia giardiniere. Per questo sia uomo, di Dio ad immagine.

E sempre ricordi che dono è tutto: terra, acqua, cespugli e alberi.

Dei frutti – di Dio dono e sudore dell’uomo – egli mangi e goda per sempre.

Di tutti sì.

Di uno no.

Il limite… la morte.

Per essa l’uomo non sia. Non ne mangi. Non ne goda. Non ne sia rapace. La sua mano non si levi.

Davanti al mistero: silenzio.

Parlare: solo invocare. Dio e la sua salvezza.

Dio è suo amico, lo salverà. Dagli inferi lo strapperà, dall’ombra di morte.

Ma tu serpente antico, tu strisciante della terra, tu menzognero – e perciò seduttore e ingannatore – tu sei il “no”. No a Dio. No all’uomo-donna. No a te stesso. Invidia antica. Invidia di bene, di armonia, di pace, di unione beata. Di Eden. Tu il “divisore”.

Che fare?

L’albero violato, il mistero infranto: rivelazione di male. Banale, tragico.

Dell’uomo.

Non di Dio.

Che fare?

Se non proteggere – e con fuoco di spada – dell’albero la via.

Ci siano angeli. Custodiscano e difendano.

Per il futuro.

Per noi.

Nel tempo medio la legge di Dio, la nostra tunica di pelli da Lui cucita da capo a fondo, senza rammendi.

Giardino nuovo.

Ancora angeli. Senza spade, stavolta.

Solo nunzi, bianco-vestiti. Solo “ev-angelo”, buona-notizia.

Il giardino riaperto.

L’albero della croce svela l’ecce Homo, il Re testimone della verità, il Figlio obbediente al Padre.

Ed ogni uomo – nel cuore profondo pregato da Dio – mano alla bocca: “ad-ora”. E tocca e mangia.

Stavolta il pane. Il Pane di Dio. Benedetto. Frutto del frutto.

È vita.

È generazioni.

È perdono.

È festa senza fine.

È creazione in pace.

È armonia universale.

Tutti invitati. A mangiare e a bere.

Gratis, senza alcun denaro.

La festa è iniziata: è un banchetto regale.

Si canti e si danzi. Nella gioia e con risa.

Con tutti: poveri e ultimi, buoni e cattivi. Nessuno escluso.

Così è Dio, sole e pioggia per ogni uomo.

Si faccia Pasqua.

Ancor oggi e per sempre.

Fiori profumati, frutti succulenti.

Colori pieni di calore.

Pianto di conversione, salvezza ritrovata.

Christòs anesti. Alethès anesti.

 

Carmelo Torcivia, presbitero

8 aprile 2012, Pasqua di resurrezione

One comment on “Omelia di Pasqua

  1. Lucia Taormina scrive:

    Grazie Carmelo per le emozioni e le speranze che hai suscitato in me stamattina. La tua poesia è stata da me donata agli amici, a quelli dell’End, più allargati del piccolo gruppo da te una volta animato, che sapranno gustarla e pregarla come me. Un affettuoso abbraccio

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